Abuso della cosa comune – una questione spinosa quando finisce il buonsenso.
In tema di condominio negli edifici, l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell’art. 1102, c.c.:
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso”.
Deve pertanto ritenersi che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione – mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura o motorino – di una porzione del cortile comune, configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento, in tal modo, alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà. Tribunale Bari, sez. III, 29 ottobre 2009, n. 3237
In questa situazione qualora gli usuali mezzi di comunicazione (telefonate, fax, etc.) non riescano a far cessare l’abuso, cosa si può fare per tutelarsi dal “bullo” del condominio ?
Per iniziare si può innanzitutto, esaminare attentamente il regolamento condominiale, per verificare se preveda qualcosa in merito all’utilizzo dell’area di parcheggio, nonché se preveda sanzioni pecuniarie a carico dei trasgressori delle sue disposizioni, peraltro, aggiornate, dall’art. 14 della L. 11 dicembre 2012 n. 220, che sancisce: “per le infrazioni al regolamento del condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a € 200,00 e, in caso di recidiva, fino a € 800,00. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie”.
Qualora così non fosse, si potrebbe portare la questione in assemblea, che può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione (cfr. art. 66 Disp. Att. C.C.).
In sede di assemblea si potrà disciplinare in modo più puntuale l’utilizzo dell’area del parcheggio condominiale, qualora ciò corrisponda ad un’esigenza concreta di tutti i comunisti (vedi il caso dei turni richiamato nella precedente decisione della Cassazione per garantire a tutti di servirsi in maniera paritaria del bene comune); oppure, semplicemente, si potrà discutere dell’abuso denunciato affinchè venga valutato da tutti i condomini ai sensi dell’art. 1117 quater del Codice Civile, anch’esso introdotto dalla recente riforma del condominio e che recita: “In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell’articolo 1136”.
Le azioni giudiziarie richiamate da tale norma che potranno essere instaurate in sede civile, dovranno essere precedute da una procedura di mediazione obbligatoria, all’esito della quale, qualora non si raggiungesse un accordo, riguardando la misura e modalità di uso dei servizi di condominio, verranno trattate da un Giudice di Pace.
Tuttavia, un’azione giudiziaria non sempre potrebbe rivelarsi efficace, per diversi ordini di ragioni da valutarsi caso per caso.
A conti fatti, dunque, in considerazione dei tempi e dei costi necessari per iniziare e portare a termine una causa, nonchè dei risultati prevedibilmente ottenibili, sarebbe certamente più utile trovare una soluzione regolando in modo puntuale con una delibera assembleare l’utilizzo dell’area di parcheggio, in modo tale da impedire espressamente tali abusi e prevedere, in caso di sua violazione, delle sanzioni pecuniarie.
Essere costretti a mettere mano al portafogli è un deterrente di grande impatto e può far scendere a miti consigli anche il bullo più incallito!!!
Interessante sentenza della Suprema Corte di Cassazione in materia di uso della cosa comune e reati ad essa connessi – n. 2548 del 21 gennaio 2010.
Si tratta, in particolare, di un caso relativo all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, fattispecie di reato prevista e punita dall’art. 393 del codice penale (d’ora in poi anche c.p.), allorquando tale condotta sia tenuta per evitare che l’abuso di altri condomini renda, di fatto, inutilizzabile il bene comune.
Che vuol dire esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
L’art. 392 c.p. recita: Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sè medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 516.
Si tratta, quindi, di un reato comune in quanto la norma usa il termine chiunque, per l’appunto, a voler indicare qualunque persona. Questo tipo di reato si differenzia da quello così detto proprio perchè quest’ultimo può essere commesso solamente da chi riveste una certa qualifica (si pensi al reato di concussione che può essere commesso solamente da un pubblico ufficiale).
La condotta punibile, semplificando al massimo, si sostanzia nel famoso detto farsi giustizia da sè.
In pratica una persona è punibile se ritenendo che sia stato leso un suo diritto al posto di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per ottenere giustizia lo fa da sè usando violenza sulle cose. Per perseguire questo illecito è necessario che la persona offesa (ossia colui contro il quale il reato è stato commesso) sporga querela all’Autorità Giudiziaria.
La querela deve essere presentata nel termine di 3 mesi che decorrono dal giorno in cui si è avuto notizia del reato (c.d. notizia criminis).
Nel caso sotteso alla sentenza n. 2548, un condomino era stato accusato di aver reciso delle catene e rimosso dei paletti posti, da alcuni suoi vicini, nell’area comune destinata a parcheggio in prossimità della zona di loro pertinenza. Questa recinzione, a dire di chi l’aveva installata era necessaria per evitare che altri utilizzassero il loro posto auto. Il condomino accusato del reato, invece, sosteneva che la condotta dei suoi vicini rappresentava un uso illegittimo della cosa comune e quindi di una violazione dell’art. 1102 c.c. Più nello specifico giustificava il proprio comportamento asserendo che la sua azione in autotutela era necessaria per evitare che la recinzione, rendesse di fatto inutilizzabile l’ingresso all’autorimessa dall’androne comune. La Corte di Cassazione, nel dare ragione al condomino e quindi mandandolo esente da responsabilità penale, ha affermato che il requisito dell’arbitrarietà della condotta che determina la punibilità […] non può considerarsi presunto per effetto della sola astratta potenziale ricorribilità al giudice da parte del soggetto che si ritenga vittima dell’altrui indebito contegno lesivo di un suo diritto, ma deve essere apprezzato in concreto dal giudice di merito (così Cass. 21 gennaio 2010 n. 2548).
In sostanza, non si incorre nel delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza sulle cose (art. 392 c.p.) se il giudice di merito (cioè in primo in o secondo grado) accerta che il ricorso alla magistratura contrastava con quel requisito dell’urgenza di evitare l’abuso della cosa comune da parte di un altro condomino. Inutile sottolineare che la delicatezza della materia consiglia sempre di agire prudentemente, senza lasciarsi andare a facili soluzioni che potrebbero comunque ritorcersi contro chi le compie.